Oggi voglio parlarvi di una scoperta. Mia, naturalmente, perché sono sicura che molti di voi già conoscessero Irmgard Keun. Io no, l’ho “incontrata” l’estate scorsa sugli scaffali di Lettera 22, la bella libreria di Mazara del Vallo che è ormai una tappa obbligata delle vacanze siciliane! Irmard Keun è l’autrice di un romanzo – del 1931 – che mi ha tenuta incollata alle pagine una dopo l’altra e non potevo non condividere con voi questa bella scoperta: Gilgi, una di noi, (L’Orma, 2016, da Gilgi. Eine von uns, Berlin, Universitas Verlag, 1931). Ma oltre alla scrittura di Irmgard Keun è stata anche la sua vicenda umana a colpirmi.
Irmgard Keun, tedesca, è stata infatti compagna di Joseph Roth, e fu Alfred Döblin a spingerla a scrivere. “Gilgi, una di noi” uscì nel 1931 e divenne presto un caso editoriale, arrivando a vendere oltre 30mila copie. Ma le ragazze anticonformiste e moderne di cui raccontava non potevano certo incontrare il favore dei tempi bui che stavano avanzando: le sue opere furono infatti censurate e proibite dai nazisti. Ma lei non si perse d’animo, e questo certamente la dice lunga sul suo carattere: Irmgard Keun ebbe infatti il coraggio di scrivere di suo pugno direttamente a Goebbels, ministro della cultura e della propaganda del Terzo Reich, pretendendo che le fosse concesso un indennizzo per compensare le enormi perdite economiche causate dalla messa al rogo dei suoi libri.
A questo proposito, sapete che a Berlino, in Bebelplatz, si trova un’installazione artistica che rende omaggio proprio ai volumi bruciati? Si chiama biblioteca affondata (Versunkene Bibliothek). Ma non cercatelo intorno a voi né alzate lo sguardo, anzi, abbassatelo. Perché l’opera di Micha Ullman la troverete sotto il pavimento, da osservare attraverso una teca di vetro: rappresenta una biblioteca di 50 mq con gli scaffali completamente vuoti. Per ricordare che qui ci fu il primo rogo dei libri. E questo è solo uno degli angoli da visitare a Berlino con una storia da raccontare, qui ne troverete molti altri.
Adesso quello che vorrei fare è cercare subito gli altri suoi romanzi. Ma intanto vi racconto di Gilgi. ovvero Gisela, ma ha deciso che solo a venticinque anni si farà chiamare così.
Gilgi, una di noi: la trama
Gilgi vive a Colonia, il tempo è quello del passaggio dai Goldene Zwanzige, i ruggenti anni Venti, all’incupirsi dei tempi con l’avanzata del nazismo. E si stanno affacciando donne moderne, indipendenti, anticonformiste, che in barba alla morale tradizionale, che le vorrebbe solo madri di famiglia, provano a prendere in mano la propria vita, a pensare a se stesse e a realizzare i propri sogni.
Così è Gilgi quando la incontriamo nelle prime pagine del romanzo. Gilgi è perfettamente consapevole che per sfuggire al destino che la tradizione vuole per lei deve essere indipendente economicamente: infatti ha un lavoro, da segretaria e dattilografa. E studia spagnolo, inglese e francese alla Berlitz School perché con i risparmi che mette da parte progetta un giorno di viaggiare in giro per l’Europa. Ma deve anche poter avere un posto tutto suo dove chiudersi la porta alle spalle per riflettere, studiare, preparare il proprio futuro. In fondo non ricorda la famosa “stanza tutta per sè” tanto amata e difesa da Virginia Woolf? E così il suo tempo libero lo trascorre in una mansarda di Mittelstrasse, ascoltando il grammofono, studiando e facendo esercizi ginnici per tenersi in forma.
“Voi giovani, voi che non avete ancora trent’anni, avete anche voi questo volto mattutino così privo di speranza? Domani è domenica. Oggi pomeriggio nessun piccolo desiderio farà ardere i vostri occhi?”
La sua casa di famiglia è quella tipica borghese del tempo, con un padre e una madre che sembrano sempre uguali a se stessi ma che si animano quando in città arriva il Carnevale, e il celebre Carnevale di Colonia è una cosa seria, tra balli e notti senza freni.
“Il mobilio è antidiluviano. Una credenza imponente, fabbricata nell’Ottocento. Una tovaglia decorata con fiorellini a punto croce. Un paralume color sedano con frange di perline. Un’ottomana verde. Sopra vi giace un rettangolo di stoffa con la scritta “Casa dolce casa”.
Ma anche una famiglia così apparentemente incolore e scontata nasconde in realtà un segreto, che riguarda proprio Gilgi, e che la spingerà ad addentrarsi nella città tra i suoi estremi, dai vicoli più popolari dei bassifondi agli appartamenti di una ricca famiglia altolocata, dalla Thieboldsgasse, “sporca e buia” alla elegante e signorile Kaiser-Wilhelm-Ring.
Così incontriamo anche l’amica Olga, bella e indipendente, che dipinge e sta per partire per Berlino, e l’amico Pit che studia economia politica, dà lezioni private e ogni tanto suona il piano di osterie da quattro soldi. Rigorosa, disciplinata e determinata, niente sembrerebbe scuotere le certezze della vita di Gilgi, se non, come nella più classica delle storie, l’amore. Ma questo è un amore che se da un lato pian piano sembra lasciarla a nudo, dall’altro la spinge a continue riflessioni, ragionamenti, quasi flussi di coscienza. A sconvolgere quest’esistenza rigorosa è infatti l’incontro con Martin Bruck, scrittore bohemien, spiantato, girovago e fannullone.
“Lui ride, si calca un cappello stropicciato sui folti capelli scuri, cerca inutilmente di lisciarsi il cappotto spiegazzato e osserva il proprio riflesso in una vetrina”.
Inizia una storia d’amore totalizzante e passionale che sembra pian piano sgretolare tutte le certezze e le conquiste di Gilgi, nel più classico dei cliché, tanto da farci quasi arrabbiare con la protagonista, perché ci sembra impossibile che una ragazza così ferma, moderna e indipendente lasci andare via tutto per amore.
“Ora Gilgi nuota in un turbine di sentimenti inutili. Sono davvero inutili? Una volta era così, una volta le sembravano tali. Non è felice? Certo che è felice. Spesso. Però le ore felici sono care. Il conto viene prontamente presentato. Bisogna pagare! Con cosa? Con la paura e un po’ di dolore. No, non mi sembra che il prezzo sia troppo alto, è solo la valuta che è strana”.
Ma la storia raccontata dalla Keun è ben lontana dai cliché, e ben presto irromperanno sulla scena questioni sociali come la crisi economica e di rivendicazione dei diritti delle donne.
Gilgi, una di noi: Colonia
Il tutto, sullo sfondo di una Colonia di inizi anni Trenta che Gilgi percorre in lungo e in largo, a piedi e in tram, dalla casa di famiglia all’appartamento dell’amico Pit, tra i caffè e i locali come il Geissler, Schwerthof alla Hohestrasse.
“Il Carnevale è nell’aria. Da una finestra gracchia l’ultimo successo di Ostermann… Gilgi cammina per la Domstrasse, passa davanti alla stazione, è sabato sera, si procede piano in mezzo alla folla che si affretta e va di corsa; lei attraversa la piazza del Duomo, deve tenere fermo il basco perché non voli via. Grazie a Dio, ora è davanti all’Hotel Savoy, qui c’è meno vento…. Svolta nella Hhe Strasse, folla, folla – ci si spintona lungo i marciapiedi stretti, si avanza solo lentamente”.
Come avrete capito, questo romanzo mi ha molto affascinato, e ora correrò a cercare gli altri libri di Irmgard Keun per scoprire se mi piaceranno altrettanto.
A chi lo consiglierei?
- A chi cerca una interessante voce al femminile della letteratura europea che è stata riscoperta negli ultimi anni
- A chi è appassionato di letteratura tedesca e vuole avere uno sguardo ulteriore sulla vita e l’arte in Germania tra Repubblica di Weimar e Terzo Reich
- A chi cerca un romanzo in cui, oltre alla trama, si sviluppa una scrittura che tiene incollati alla pagina, vivace e molto moderna, nonostante racconti di Colonia anni Trenta.
E proprio per immergervi nella scrittura ed entrare nello stile della Keun vi consiglio di leggere questo articolo molto interessante, pubblicato su Rivista Tradurre, in cui Annalisa Pelizzola, la traduttrice di Gilgi in italiano, spiega alla perfezione i registri del linguaggio, i riferimenti alla quotidianità e gli stili in cui il romanzo è stato scritto e cosa ha guidato le sue scelte nel tradurli dal tedesco.