Stamattina mi sono svegliata con un pensiero che vorrei condividere con voi.
E’ un viaggio diverso quello in cui vi voglio portare oggi.
Perchè c’è così tanto rumore (spesso con toni inopportuni) in questi giorni rivolto ai migranti che è impossibile stare zitti. Non voglio entrare nel merito della questione, voglio solo dire che almeno una cosa la possiamo fare: è ascoltare le storie di queste persone.
“La mattina che io e Alì siamo diventati fratelli faceva un caldo da morire e ci siamo riparati sotto l’ombra stretta di un’acacia”
Per puro caso ho da poco finito di leggere proprio Non dirmi che hai paura. Un libro che mi ha trascinata in questo viaggio, quello tragico di Samia, l’atleta somala simbolo delle Olimpiadi di Pechino morta nel Mediterraneo, quel mare che stava finalmente attraversando per raggiungere in fondo un sogno semplice: quello di potersi allenare in un Paese “normale” e scappare dalla guerra.
E lo scrittore Giuseppe Catozzella quel viaggio da girone infernale lo descrive molto bene, a cominciare da molto prima del Viaggio, a cominciare dall’infanzia e dall’adolescenza di Samia a Mogadiscio, tra sport, integralismo, allenamenti da “fantasma”, il sogno di cambiare le cose e la vita che cambia improvvisamente e questi sogni li cancella. “Prigioni” e speranze, deserto e paure, strozzini e annientamento della dignità umana. Ecco, per cercare di capire un po’ di più cosa hanno già affrontato queste persone prima di approdare alle nostre coste, a volte basta leggere storie come questa. Lo consiglio.