L’Italia ha un grande bisogno di un viaggio lento. Da noi si è smesso di viaggiare, ci si sposta. Così il mondo minore scompare, e la memoria pure.
Ecco, Paolo Rumiz è uno che senza dubbio non si sposta, ma viaggia lento. E’ sua la frase, e secondo me racconta alla perfezione il lavoro di questo giornalista-scrittore nomade, e infatti l’ho trovata in un suo libro del 2003 che volevo leggere da un po’: “E’ Oriente”.
Una raccolta di sei reportage on the road, in bici (da Trieste a Vienna) in treno (da Trieste a Kiev e da Berlino ad Istanbul), in auto (da Gorizia a Otranto), persino a bordo di una chiatta lungo il Danubio. L’Oriente del titolo abbraccia in realtà un’area vastissima, dal nostro Nord-Est alla Turchia, dalla ex Yugoslavia alla Mitteleuropa. Paolo Rumiz ce li racconta in anni complessi, tra la fine dei ’90 e i primi del Duemila, con una scrittura per me molto coinvolgente, concreta ed evocativa al tempo stesso. Leggendo, viaggiamo accanto a lui e incontriamo regioni dimenticate e gente disorientata, nuovi Stati in fermento e un mare, l’Adriatico, che, denuncia lo scrittore, a causa della Storia ha di fatto perso quella centralità che invece ci sarebbe preziosa. Perchè, sembra dire Rumiz, abbiamo tutti un’anima levantina che ci accomuna.
Il profondo Nord-Est
Discorso a parte merita l’ultimo reportage, “Il frico e la jota. Il profondo Nord-Est in bici”, il più lungo, e in realtà collage di quattro diverse “pedalate”. Rumiz inforca la sua bici e va, tra capannoni di pianura e villaggi montani, sullo sfondo (ma mica poi tanto) una tornata elettorale di cui l’autore cerca di raccogliere gli umori tra la gente che incontra, tra vecchia Dc e nuovi partiti-azienda (avete capito vero di chi parlo?), boom economico e nuove paure (immigrati, delocalizzazione, ecc.
Un’analisi socio-politica che sembra datata, ma in realtà non lo è, se no forse per i continui rimandi al benessere lavoratore del Veneto e dintorni, che oggi purtroppo è ben meno promettente di allora.
Lo ammetto, non sono un’appassionata nè di cicloturismo nè di montagna, quindi giustifico così il fatto che, tra tutti i racconti, questo mi è piaciuto di meno. Ma ci ho letto una bella metafora: quella della fatica della bicicletta che diventa quasi metafora della vita difficile delle montagne che Rumiz “conquista” sulle due ruote, ma anche della lenta scomparsa delle comunità d’altura e della vita stessa di montagna.
A chi consigliare “E’ Oriente”? A chi ama viaggiare lento, a chi cerca la fatica delle due ruote nei viaggi in bicicletta, per chi è convinto che le (lunghe) ore trascorse nel viaggiare in treno siano non una perdita di tempo ma un’esperienza affascinante, anche se non sempre comoda, tra coincidenze illogiche, confini e dogane (quelle che al momento di alcuni di questi viaggi ancora esistono, ad esempio tra Italia e Slovenia).
leggo sempre molto volentieri gli articoli di questo grande giornalista-scrittore e ……..viaggio con lui! che meraviglia
Sì è vero, e che invidia! Ricordo specialmente i reportage a puntate dell’estate su Repubblica, alla ricerca di luoghi insoliti, dimenticati, abbandonati…