Fluttuare, per un paio d’ore. Anche in una città che, come Milano, sa essere a volte tremendamente pesante.
Io l’ho fatto, un sabato mattina di un piovoso inizio ottobre, insieme agli altri che, come me, si sono dati appuntamento in piazza Sant’Eustorgio, a due passi dai Navigli, per l’appuntamento con una delle Passeggiate d’autore alla scoperta della città in compagnia di scrittori ed artisti. La nostra guida quel giorno era Chicca Gagliardo, scrittrice che ama osservare e raccontare la realtà “ma da altri punti di vista”, da quegli elementi in cui siamo immerse ma a cui forse non badiamo neanche. Le ombre, per esempio, e ora, con il suo ultimo romanzo, l’aria. Ed è proprio con lui, con “Il poeta dell’aria” (lo trovate pubblicato da Hacca) che siamo partiti. Accompagnati da questa storia che in realtà è un romanzo in 33 lezioni di volo. Volo? Sì, perchè i poeti dell’aria si librano e scrivono versi con le punte delle dita che volteggiano in quello che noi chiameremmo banalmente “vuoto”. E prima di farlo si accoccolano su un cornicione, che è proprio quello lì, all’angolo di piazza XIV Maggio. E di fronte c’è la quercia secolare, dicono la più antica di Milano, dove la sera si riposa lo “Stormo”.
Camminiamo. Chicca ci conduce attraverso luoghi così concreti ma a noi sembra proprio di vederle fluttuare, queste creature. C’è qualcosa di magico, credo, quando uno scrittore riesce a portarti nei luoghi della sua ispirazione.
Incroci, portici, vicoli, piazzette fiorite e marciapiedi grigi. Chicca legge brani dal suo libro e non c’è contrasto più stridente tra le sue parole che raccontano di vento, ombre, fili d’aria, e l’ingombro che ci circonda, clacson, voci, rumori, lo sferragliare di un tram.
Ma non è il racconto di un mondo che non c’è. E’ un modo diverso di scrutare il nostro, di mondo.
E, lo so che forse sembrerà un volo pindarico, ma appena Chicca inizia a condurci lì c’è un’immagine, ben precisa, che mi si staglia in mente: penso agli angeli de “Il cielo sopra Berlino”. A quell’atmosfera rarefatta e insieme assolutamente concreta ricreata da Wim Wenders.
Così come assolutamente concreta è un’altra figura, grande, dolente, che incontriamo passeggiando sui Navigli. Quella di Alda Merini. Della sua ombra, per essere precisi, che dialoga con la poetessa in un racconto scritto da Chicca Gagliardo per un’antologia al femminile, “Mappe sulla pelle” (pubblicata da Editpress).
“C’è una cosa che desidero: tenere in pugno il suono di un’ombra”, aveva detto la Merini.
E noi la ascoltiamo, dalla voce di Chicca, davanti alla sua casa di Ripa di Porta Ticinese 47, sulla Darsena, di fronte al Vicolo dei Lavandai.
E arrivati alla fine della nostra passeggiata, mi rendo conto di una cosa strana: più mi lasciavo andare alle parole di poesia che ascoltavo, più assorbivo anche le sensazioni, concretissime, che avevo intorno: l’indaffarato via vai del sabato mattina, il mercato, il profumo delle panetterie. In fondo, forse, il legame tra l’aria e i nostri piedi non è così fugace.
E’ notte, le finestre dei palazzi sono buie, tutti dormono rintanati dentro le stanze, schiene che premono sui letti, porte chiuse.
Lo Stormo invece se ne sta posato sui tetti tra i comignoli. Fianchi e braccia distesi sulle tegole, i muscoli che dopo il volo sprofondano nel sonno e nella luna.
L’unico in preda all’insonnia sono io, ma guardare la piazza dal cornicione mi calma, per questo sono qui adesso: nella notte gli archi dei portici si fanno più alti, i rami della quercia secolare che si innalza dall’asfalto sono marmo nero. Il vento è coperto. C’è vento, dici tu a volte. Il senso del vento non è quello di esserci oppure non esserci, ma di svelarsi o velarsi. Il vento è lo stato d’animo dell’aria.
Da “Il poeta dell’aria”, di Chicca Gagliardo