Hannover, maggio 1923. La giovane Ise Frank, ventiseienne libraia e giornalista, siede tra i banchi dell’Università tecnica, trascinata dall’entusiasta amica Lise ad ascoltare la conferenza di un uomo che è molto più grande di lei ed ha un portamento da capitano di cavalleria. Quell’uomo è Walter Gropius, pochi anni prima ha fondato il Bauhaus, quella che diventerà la celebre scuola di arte e architettura, pietra miliare nella storia del design. E che cambierà la vita a Ise.
Comincia così “La signora Bauhaus”, romanzo scritto da Jana Revedin, architetto e scrittrice tedesca, pubblicato in Italia da Neri Pozza e tradotto da Alessandra Petrelli, che ridà luce e visibilità a quella che, pochi mesi dopo, diventerà la moglie di Gropius ma soprattutto sposerà completamente l’idea e la sfida del Bauhaus, lavorando forse dietro le quinte ma, e lo si intuisce leggendo le pagine del libro, diventandone protagonista. Mi incuriosiva da tanto questo libro, avevo visitato una mostra dedicata al Bauhaus alla Pinakothek der Moderne di Monaco di Baviera un paio di anni fa e mi ero ripromessa di andare a visitare presto i luoghi del Bauhaus in Germania. E visto che per ora il programma è gioco forza rimandato, quale modo migliore di prepararsi leggendo?
La signora Bauhaus racconta dal punto di vista molto soggettivo di Ise i passi e le vicende del celebre movimento dal 1923 fino a circa la fine del 1927, ma è anche un viaggio tra i luoghi simbolo della scuola, Weimar e Dessau, e la Monaco e la Berlino degli anni Venti. Tanti i riferimenti precisi a indirizzi, monumenti, luoghi e strade e davvero in un viaggio sulle orme del Bauhaus in Germania si può tranquillamente mettere in valigia il libro per sfoderarlo al momento andando a ricercare quegli stessi angoli. Ma è anche una carrellata di personaggi che hanno fatto la storia della scuola, dell’arte e del design, dallo stesso Gropius a Marcel Breuer, da Bruno Taut a Paul Klee e Wassily Kandinsky, e una sfilata di oggetti e creazioni diventati icone e che magari incontriamo spesso senza saperlo, dalla sedia oscillante di Breuer in tubi d’acciaio alla teiera di Marianne Brandt alla lampada di vetro di Wagenfeld.
Lo ammetto: me lo aspettavo più coinvolgente invece la scrittura non mi ha conquistata del tutto, ma tante altre cose sì. In primis la capacità di far immergere in pieno nelle atmosfere e nello spirito – non sempre armonioso – di questa scuola che voleva rompere le barriere tra arte e artigianato. Ma anche rimescolare tante discipline diverse, dalla falegnameria alla pittura, dalla metallurgia al disegno, dalla tessitura alla pittura murale, fino ad arrivare a idee modernissime come la grafica pubblicitaria, il design e la funzionalità per la vita quotidiana. Come a volte mi succede con i libri, è riprendendolo in mano, sfogliandolo, annotando, che ci sono entrata più in sintonia, come una guida sentimentale che accompagni il viaggio.
“Ho definito Bauhaus la casa che si occupa di costruzioni, molto semplice”.
Uno spirito avanti, forse – anzi sicuramente – troppo per i tempi cupi che si andavano preparando. E infatti le ultime pagine già lasciano intuire fin troppo bene che questa stagione illuminata sta purtroppo volgendo alla fine. Eppure il cammino del Bauhaus non si conclude, e viene ben raccontato nell’epilogo, in cui si parla per esempio della prima retrospettiva dedicata al Bauhaus che si tenne al MoMa di New York nel 1938.
Bene, e ora non ci resta che programmare il nostro viaggio in Germania alla ricerca di dove visitare gli edifici del Bauhaus più famosi. Dove si possono scoprire i luoghi raccontati nel libro? A Weimar, Dessau e Berlino. Iniziamo il viaggio!
Il Bauhaus a Weimar
Bauhaus Museum: In occasione del centenario della scuola, nel 2019, ha aperto a Weimar il nuovo Bauhaus-Museum che raccoglie le testimonianze delle prime creazioni del movimento e una ricca collezione di oggetti-simbolo, come la sedia in tubi d’acciaio di Marcel Breuer o la teiera di Marianne Brandt.
Haus Am Horn: la prima casa-modello del Bauhaus e l’unica realizzata in pratica a Weimar, fu costruita per l’esposizione del 1923 e la ricostruzione del mobilio permette di immergersi nel suo spirito originario
Il Bauhaus a Dessau
Il Bauhaus trascorse sette anni, il periodo centrale della sua spinta creativa, a Dessau, e dunque è qui che si concentra la gran parte delle sue costruzioni, dall’edificio della scuola, i cui arredi interni furono realizzati negli stessi laboratori del Bauhaus, alle Masterhauser – le case dei docenti – e alle altre abitazioni denominate Kornhaus, Haus Fieger, ma anche il complesso residenziale popolare di Dessau-Törten. A Dessau sorgeva anche la Meisterhaus in cui vissero Walter Gropius e Ise Frank, andata distrutta, ma di cui nel romanzo potrete leggere ampiamente, scoprendo un ambiente incredibilmente moderno, ispirato alle dottrine ergonomiche in arrivo dagli Stati Uniti, in cui trovavano posto oggetti futuristici per l’epoca, dalla scrivania pieghevole alle lampade di design, agli elettrodomestici come la lavastoviglie. Anche Wassily Kandinsky e Paul Klee vissero in queste case con le loro famiglie, donando agli interni un colorato tocco d’artista (e non poteva essere altrimenti).
Il Bauhaus a Berlino
(photo credits: berlin.de)
Berlino segna purtroppo l’epilogo dell’epopea Bauhaus, che fu sciolto dal partito nazionalsocialista salito al potere e vide i suoi protagonisti fuggire dalla Germania soprattutto verso gli Stati Uniti. Ma la capitale tedesca custodisce comunque dei luoghi cari al movimento. Uno è il Bauhaus Archiv, che si trova nel Tiergarten e opera come centro di documentazione e spazio espositivo, anche se attualmente è in fase di rinnovamento e riaprirà ampliato. L’edificio originario fu progettato da Walter Gropius nel 1964 e costruito tra 1971 e 1978 dal suo collaboratore, l’architetto Alexander Cvijanovic. Al suo interno custodisce la più ampia collezione sul mondo Bauhaus.
Lo spirito del Bauhaus, la sua idea di architettura innovativa al servizio delle persone, si possono ritrovare anche in sei complessi residenziali realizzati tra 1919 e 1934 e che da diversi anni sono anche patrimonio Unesco. Un’edilizia popolare sociale sobria e asciutta ma che voleva già sperimentare anche nuovi usi di luce e aria, anche a livello energetico. Una stagione che terminò anch’essa nel 1933. Sono sei i complessi che si possono vedere a Berlino: Gartenstadt Falkenberg (“Città giardino di Falkenberg”), a Treptow, Schillerpark-Siedlung (“Complesso residenziale di Schillerpark”) a Wedding, Großsiedlung Britz Hufeisensiedlung (“Grande complesso residenziale di Britz a ferro di cavallo”) a Neukölln, Wohnstadt Carl Legien (“Città residenziale Carl Legien) a Prenzlauer Berg, Weiße Stadt (“Città bianca”) a Reinickendorf, Großsiedlung Siemensstadt (“Grande complesso residenziale Siemensstad”) a Charlottenburg e Spandau.